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LA MEDIAZIONE finalizzata alla CONCILIAZIONE

Aspetti generali con particolare riferimento alle controversie condominiali

Definiamo innanzitutto i due concetti al fine di comprendere meglio il prosieguo della trattazione:

– La mediazione è l’attività svolta da un terzo indipendente e imparziale, finalizzata ad assistere due o più parti nella ricerca di un accordo amichevole che risolva il conflitto esistente tra loro.

– La mediazione inizia con l’istanza

– La conciliazione è la composizione del conflitto esistente e che, a seguito dell’attività di mediazione si concretizza del raggiungimento di un accordo scritto.

Poiché il nuovo istituto della conciliazione è ancora poco conosciuto, si tende a confonderlo con l’arbitrato, che è cosa ben diversa sia nel contenuto che nella forma. Più in concreto:

– Nell’arbitrato vi sono esperti della materia , che sono chiamati a decidere su una controversia tra due o più parti. La loro decisone è vincolante per le parti.

– Nella mediazione non viene emessa alcuna sentenza, in quanto il mediatore non ha il compito di decidere su torti o ragioni.

– La mediazione si concluse, se positivamente, con un accordo raggiunto dalle stesse parti in conflitto e con l’aiuto del mediatore.

Diversi tipi di mediazione.

La mediazione può essere facoltativa, obbligatoria o demandata.

Allo stato attuale, l’obbligatorietà consiste nel dover esperire il tentativo di conciliazione prima di adire la giustizia ordinaria. Tale obbligatorietà però, dal 20 Marzo 2011 è prevista per le seguenti materie:

– Diritti reali

– Divisioni

– Successioni ereditarie

– Patti di famiglia

– Locazioni

– Comodato

– Affitto di aziende

– Risarcimento danni da responsabilità medica e da diffamazione a mezzo stampa o con altra pubblicità

– Contratti assicurativi, bancari e finanziari

La mediazione è, viceversa facoltativa, e fino al 20 marzo 2012 (salvo proroghe e interventi della Cassazione chiamata a decidere su richiesta del TAR del Lazio per non manifesta infondatezza di incostituzionalità) per le seguenti materie:

– Condominio

– Risarcimento danni derivanti da circolazione di veicoli e natanti

La mediazione demandata è quella, al di fuori delle casistiche esaminate, sollecitata dal giudice quando le parti si sono già rivolte allo stesso.

La figure cardini del nuovo Istituto della conciliazione sono:

– L’Organismo di conciliazione

– Il mediatore

– Le parti, eventualmente assistiti dai loro legali

L’Organismo di mediazione è quell’organismo che, avendo i requisiti di legge, è iscritto nel relativo Registro Nazionale ed è autorizzato dal Ministero della Giustizia a gestire tutto l’iter relativo alla mediazione.

A detto Organismo ( e in non più di 5) il professionista che intende esercitare l’attività di mediatore deve obbligatoriamente iscriversi, accettando e sottostando alle regole del relativo Regolamento.

Il mediatore è quindi un professionista, il quale in modo indipendente e imparziale, e senza potere decisionale, assiste e aiuta le parti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione della controversia sorta tra gli stessi.

Il mediatore, quindi, ha il compito di spiegare alle parti la funzione dell’istituto della conciliazione, i limiti della sua attività e i riflessi paratici e giuridici del loro possibile e auspicabile accordo.

Il mediatore fa dialogare le parti cercando di ripristinare quella comunicazione che, evidentemente, si è interrotta. Procede ad incontri collegiali o, se ritenuti opportuni, anche separati e con il vincolo della segretezza delle notizie acquisite. Incoraggia le parti a superare ostacoli di carattere personale (rancori, ripicche ecc.) avvicinando, per quanto possibili, le parti a valutare più i loro bisogni che gli interessi.

Il processo di mediazione DEVE concludersi non oltre quattro mesi dall’istanza: Entro 15 giorni dall’istanza, l’Organismo che l’ha ricevuta ha l’onere(obbligo di invitare l’altra parte al tentativo di conciliazione e nominando nello stesso tempo il Mediatore, scelto all’interno del proprio elenco e con criteri stabiliti in precedente.

Il Mediatore incontrando le parti:

– si presenta e ribadisce la propria dichiarazione di imparzialità e indipendenza,

– spiega le “regole del gioco”,

– ascolta le parti e i loro avvocati, procede ad un riassunto dei concetti principali (parafrasi) chiedendo se ha compreso bene i concetti espressi, procede a varie riunioni,

– raccoglie la disponibilità a raggiungere l’accordo,

– procede alla verbalizzazione dell’accordo e lo firma unitamente alle parti.

Ovviamente, può accadere o che le parti non si presentano o che le parti stesse non raggiungano un accordo. In entrambi i casi il Mediatore redigerà verbale scritto.

Il verbale di conciliazione con esito positivo è titolo esecutivo per espropriazione forzata, l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione d’ipoteca giudiziale.

Il verbale di accordo è omologato, su istanza di parte e previo accertamento della regolarità formale, dal Presidente del Tribunale nel cui circondario ha sede l’Organismo di Conciliazione.

Agevolazioni fiscali.

Tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione, sono esenti da bollo, tasse e diritti di ogni specie. In aggiunta, il verbale di accordo (fino ad un valore di € 50.000) è esente da imposta di registro, la quale però è dovuta sull’eventuale valore eccedente la somma indicata.

Ancora, alle parti che corrispondono indennità all’Organismo di conciliazione, è riconosciuto un credito di imposta pari all’importo pagato e per una somma massima di € 500,00. Se la mediazione non va a buon fine, il credito di imposta è ridotto a metà.

CONSIDERAZIONI SUI LIMITI E POTERI DELL’AMMINISTRAZIONE CONDOMINIALE NEL PROCESSO DI MEDIAZIONE FINALIZZATO ALLA CONCILIAZIONE

Ritengo doveroso premettere che, per la professione svolta, le osservazioni contenute nell’elaborato non hanno in alcun modo la pretesa di indicare una linea guida o un comportamento da seguire, bensì sono domande che mi sono posto da solo in sede di procedimenti in qualità di mediatore, immedesimandomi anche nella figura di chi mi stava di fronte ed era un amministratore dibattuto sull’accettare o meno l’ipotesi di accordo. L’elaborato quindi ha, come unico scopo, quello di porsi domande, sollevare dubbi e comunque spunti di riflessione su problematiche reali, lasciando poi, e molto volentieri, il compito ai legali del CSN di approfondire la disamina degli aspetti legali cercando, per quanto possibile in una materia senza giurisprudenza alle spalle, di suggerire le soluzioni più idonee.

Il nuovo istituto della mediazione finalizzato alla conciliazione in materia condominiale si differenzia dalle altre materie per il fatto che, attivamente o passivamente, partecipa allo svolgimento gestito dal mediatore un soggetto, l’amministratore condominiale, il quale agisce in nome e per conto di altri soggetti rappresentati, quali i condomini .

A secondo della legittimazione attiva o passiva dell’amministratore, nascono molteplici problematiche di cui, l’amministratore stesso, deve esserne perfettamente a conoscenza.

La problematica però più importante non è data dalla legittimazione attiva o passiva a carico dell’amministratore in quanto è lo stesso contratto di mandato ad abilitarlo a rappresentare in giudizio il condominio e quindi, i condomini stessi, quanto fino a che punto, questi, può agire autonomamente e senza specifica delibera assembleare, e quando, viceversa, la delibera è indispensabile e in che termini.

Altra distinzione indispensabile da fare è data dalle materie oggetto del conflitto. Più in particolare occorre distinguere le materie rientranti nei poteri dell’amministratore ai sensi dell’art. 1130 c.c., e quali, viceversa, eccedono quelle competenze indicate nella citata norma.

Da tenere presente, quindi, i possibili esiti del processo di mediazione partendo dalla parte istante e arrivando alla parte chiamata in mediazione.

Nel caso in cui sia lo stesso amministratore a chiedere la chiamata in causa di altri condomini per risolvere un conflitto in corso tra loro e la materia è contenuta nell’elenco tassativo dell’art. 1130 c.c. si ritiene di escludere la necessità di una preventiva autorizzazione: l’Amministratore agisce nel limite dei poteri attribuitigli dalla legge e le sue decisioni vincolano i partecipanti al condominio.

Nel caso in cui, invece, l’Amministratore ritiene di chiamare in causa altri soggetti, siano essi condomini o terzi, per problematiche condominiali che esulano dai compiti istituzionali, allora, in questo caso, è necessario che l’assemblea dia l’autorizzazione ad essere parte attiva nel tentativo di conciliazione.

Stesse identiche considerazioni devono essere fatte nel caso in cui sia l’Amministratore ad essere chiamato in causa, essendo l’istante un condomino o un terzo.

Ma ulteriore disamina richiede il problema del contenuto della delibera che autorizza l’amministratore ad essere parte attiva o passiva nel processo oggetto della presente disamina.

La delibera può essere generica o contenente precisi limiti. Se la delibera autorizza l’amministratore ad essere parte attiva del processo e null’altro, questa si può definire generica. Se, viceversa, la delibera vincola l’amministratore ad un certo accordo o ne delimita il campo di azione, in questo caso è una delibera specifica e, come tale, deve essere rispettata.

Tutto ciò si riflette inevitabilmente sul cosa fare quando, in mediazione, si arriva alla fase finale che può prevedere:

– L’accettazione di un accordo, per il quale l’Amministratore, parte istante, era stato, egli stesso, promotore. In questo caso, almeno in via teorica, l’Amministratore non dovrebbe avere problemi ad aderire all’accordo.

– L’accettazione o meno di un accordo per il quale era prevalsa la proposta della parte chiamata o il cui contenuto sia una scelta totalmente diversa dalle richieste e/o proposte iniziali. In questo caso si ritorna al concetto di materia rientrante nel 1130 o meno e quindi se l’autonomia dell’Amministratore è ex lege o la materia esula dal citato articolo del c.c.

Quando però si è in un campo di azione diverso da quello obbligatorio, l’Amministratore dovrà farsi autorizzare per essere parte del procedimento di conciliazione. Ma con quale maggioranza l’assemblea delibera/autorizza il proprio amministratore ? Maggioranza semplice, qualificata o totalitaria ? e quando di rende obbligatoria l’una, l’altra o l’altra ancora ?

In pratica, per ogni aspetto del problema si aprono “tendine a cascata” come in Windows e, nel nostro contesto, si dovrebbero elencare per ogni possibile conflitto, altrettante ipotesi o casi su cui ragionare.

È bene quindi che si stabiliscano delle “linee guida” prendendo spunto, inevitabilmente, dai limiti, diritti e/o doveri che coinvolgono la figura dell’Amministratore in sede di giustizia ordinaria, in quanto, anche se nel processo ordinaria interviene l’avvocato, questi si sostituisce, limitatamente a quella procedura, all’Amministratore, agendo, di conseguenza, in nome e per conto dei condomini.

La “causa” riguarda diritti dei condomini, ai quali, qualcuno, per accordo conciliativo sarà o potrebbe essere, penalizzato o diminuito anche in parte di quel diritto ? In questo caso si ritiene, magari erroneamente, che occorrerebbe la unanimità dei partecipanti al condominio.

La “causa” non riguarda diritti dei condomini sulle parti comuni, ma problematiche di richieste per risarcimenti danni sulla cui quantificazione si è instaurato un conflitto ? Si ritiene, sempre con la possibilità di sbagliare valutazione, che l’unanimità non sia obbligatoria e che al suo posta possa bastare una maggioranza qualificata.

Come se ciò non bastasse, a quale responsabilità incorre l’Amministratore che firma un accordo per il quale occorreva la delibera ? e se la delibera prevedeva anche l’unanimità dei consensi ?

La risposta, secondo il mio modesto parere, andrebbe ricondotta sempre sui suoi limiti ex lege o meno e su eventuali danni il suo comportamento non regolare ha prodotto ai condomini o a terzi.

Personalmente ho trattato un caso di amministratore istante del procedimento di conciliazione, il quale era munito di regolare delibera autorizzativa, ma con un preciso vincolo da rispettare. Durante lo svolgimento del procedimento stesso, anche l’istante si è reso conto che quel vincolo non aveva alcuna base né logica e né legale (se l’avesse capito prima di fare l’istanza, probabilmente, avrebbe indirizzato la delibera verso altro contenuto) e l’ipotesi di accordo prevedeva tutt’altra cosa per la quale egli era autorizzato a firmare. Piuttosto che chiudere il procedimento per mancato accordo, ho preferito illustrare la problematica, ottenendo l’accettazione di un rinvio pari al tempo utile per riconvocare l’assemblea e farsi deliberare o meno l’autorizzazione all’accettazione dell’accordo.

Tutte le problematiche esposte e che si riferiscono a casi teorici sì, ma di prevedibile manifestazione reale, portano alla necessità, per l’Amministratore di rivolgersi ad un legale prima, durante e dopo il procedimento per avere da quel professionista il supporto legale di cui, per l’attività di diversa natura che svolge, non può avere.

Personalmente non ritengo positiva la presenza del legale durante gli incontri con le parti, mentre la ritengo indispensabile quale supporto esterno e diretto ad informare le parti a secondo del ruolo che ognuno di loro riveste e per l’oggetto del conflitto da risolvere.

CARATOZZOLO Dr RAFFAELE